Sembra Champagne, invece è Pinot Nero dell’Oltrepo Pavese. E quella specie di Barolo? Fantastico, peccato sia Dolcetto di Dogliani. Il segreto? Vigne antiche, lavorazione naturale, affinamento in uova di ceramica. Epoca: 1995. Teoricamente archeologia, che invece esplode per freschezza. Ne parla come un sommelier navigatissimo, Lorenzo Tarasco, che però ha solo 24 anni. Dopo un rodaggio assai precoce in ristoranti anche stellati, ora è nel team del San Michele, l’elegante sala affacciata sui portici medievali di Avigliana, all’ombra del Castello. Piazza Conte Rosso: l’acropoli che non ti aspetti, antica come gli archi del Trecento. In un angolo, sorridono due inviti irresistibili: il Salto dell’Acciuga, taverna portuale specialissima per marinai terrestri a loro agio tra i vitigni più inconsueti, e a due passi il ristorante vero e proprio: con ai fornelli l’estroso Pietro Salomone, e in sala il vero artefice della scommessa, nata nel 2009. Gianfranco Mossa, tuttofare: ormai un’istituzione nella miglior ristorazione valsusina. Factotum, per davvero: all’occorrenza cuoco e maître, ispiratore di ricette, confidenziale anfitrione, ricercatore e tutor, consigliere. E soprattutto, esteta.
In principio fu l’arte, inutile negarlo. Il padre, vero colpevole di tutto, commerciava tra le opere contemporanee, maestri di pittura. Tale il figlio: stessa passione, ereditata, insieme all’altro vizio imprescindibile, la buona tavola e il buon vino. Davide Giuva, compianto scultore e grande amico, scelse Gianfranco come gallerista. Ma non poteva certo finir lì: fu lui a trascinarlo a Rivoli, alla scuola di cucina di Erica Maggiora. Amore a prima vista: la scoperta che spalanca gli orizzonti. L’arte non resta a cincischiare nei musei, vuole anche lei gustare l’ebbrezza che ti spetta se finisci dentro un piatto. Scienza esatta per gli occhi, creatività, stile e sapienza: inimitabile dosaggio di colori prima che sia l’olfatto, e poi il sapore, a conquistare il cuore. Pensieri ellittici, dove divaga l’anima per poi tornare rinfrancata e piena di idee nuove, dopo frequenti scorribande in geografie materne: la foce sarda del nativo fiume Temo, le cascate del Messa valsusino. Tradotto, per i non astemi: il folle Cannonau di Alessandro Dettori, e il recentissimo Baratuciat recuperato dall’ultimo filare dove resisteva solitario, proprio ad Almese, bassa val Susa, alle pendici del Musinè.
Parla di territorio, il San Michele: tutto proviene da fattorie vicine, salumifici artigianali, caseifici della valle, piccole pescherie per trote fresche. Cibo da reinventare, in tavola, insieme all’altro pesce d’acqua dolce – l’anguilla, il salmerino – e poi le carni bianche, le creazioni a base di coniglio, la redenzione sorprendente di umili frattaglie. Cita Michel Pollan, il professor Gianfranco, e il guru di Slow Food, Carlo Petrini: siamo quel che mangiamo? Meglio cambiare, allora, le nostre abitudini di spesa. Lo si legge nel “Dilemma dell’onnivoro”, uno dei libri da sfogliare, al San Michele, tra un appetizer aromatico e un gran piatto di filetto di maiale scottato in modo celestiale, con erbe di Provenza che ormai la val di Susa alleva, sotto casa. Ma non lo si capisce fino in fondo, l’atelier del San Michele, se non si cede alle lusinghe del bicchiere: si servono calici a sorpresa, con vini nati per stupire. Qui si va oltre la frontiera della semplice eccellenza, il degustare affinamenti lunghi: rasenta l’eresia, la nuova scuola del vino naturale, biologico e spesso biodinamico, senza solfiti né lieviti aggiunti, non filtrato, intatto nella sua fragranza giovanile dopo i passaggi in legno, in anfora, in acciaio.
Religione, appunto: lo confessa con candore l’ideologo Gianfranco, insieme al suo complice Lorenzo. Viaggi frequenti, in tutta Italia e in mezza Europa, alla scoperta di primizie e di tesori, che poi la setta degli appassionati condivide, mette in rete. Passaparola quasi clandestino: per declamare vini estremi, spericolate ossidazioni. La teologia? Genuinità in purezza: tornare alla natura, e senza compromessi, approfittando – perché no? – dell’Università del San Michele. Ma non è tutto, certo. Perché sta altrove, il risultato vero: lo vedi a tarda sera, quando la sala non si svuota mai. E’ allora che scatta la magia, la vocazione dell’autentica osteria, quando il piacere ormai sconfina tra un bicchiere e l’altro, si fonde nel convivio che unisce il personale agli avventori. L’ora più bella? Quando si sale tutti insieme, su in cucina, senza neppure più sapere chi era arrivato lì per lavorare, e chi per deliziarsi a tavola. Succede, in piazza Conte Rosso, dove si fa caciara come con l’oste di una volta. Che gran soddisfazione, quando i clienti si trasformano in amici che si fidano di te, sapendo che li porterai lontano, su strade insospettabili, verso avventure gustative che poi non scorderanno.
Via Umberto I, 33 – 10051 Avigliana (To)
Uscita autostrada A32: Avigliana Centro (5 minuti)
Da vedere: Borgo medievale, Castello di Avigliana
Da vivere: trekking, vela, caona, mountain bike, birdwatching
Telefono: +39 333 4246708
Orari: aperto pranzo e cena, chiuso lunedì sera e martedì
Shop: wine bar Il Salto dell’Acciuga (enoteca)
aperto da mercoledì a domenica. Ore 18/23
Email: info@sanmicheleristorante.it